Uno studio ha analizzato l’impronta idrica del noto chatbot di OpenAI: i consumi sono esorbitanti
Non si parla d’altro: ChatGPT è uno strumento eccezionale dalle potenzialità infinite. I progressi in ambito di intelligenza artificiale ne hanno fatto un conversatore raffinato e un supporto alle professioni, con la sua capacità di programmare in codice, rispondere a domande complesse, svolgere test di medicina, addirittura scrivere poesie ed elaborare testi creativi.
Non è tutto oro quel che luccica, però: dopo le recenti polemiche sulle condizioni dei lavoratori keniani, pagati meno di 2$ per etichettare i dati, un nuovo studio sta gettando luce sulla sostenibilità di questo strumento. C’è tutto un mondo nascosto dietro la straordinaria potenza ed efficienza di ChatGPT, un mondo fatto di sfruttamento del lavoro a basso costo e costi ambientali che vengono sottovalutati.
Quanto beve ChatGPT? I numeri impressionanti
Tendiamo a pensare alle tecnologie come a cose disincarnate che operano nell’etere ma, oltre alle persone in carne ed ossa che addestrano e supervisionano gli algoritmi, c’è sempre una base fisica di strutture come data center, operanti in tutto il mondo, che ospitano migliaia di server. Queste infrastrutture hanno bisogno di acqua fresca e pulita per generare elettricità e per i sistemi di raffreddamento.
I ricercatori dell’Università del Colorado Riverside e dell’Università del Texas Arlington hanno analizzato il consumo di acqua da parte di ChatGPT, ed è venuto fuori che il chatbot è parecchio assetato. I consumi per il raffreddamento e la produzione di energia nella sola fase di addestramento ammontano complessivamente a ben 3,5 milioni di litri d’acqua. 700.000 litri d’acqua sono stati necessari per il solo raffreddamento, un quantitativo sufficiente a produrre circa 370 automobili del marchio BMW.
Una quantità esorbitante, ma l’impronta idrica totale lievita in modo considerevole dopo il lancio e la conseguente adozione da parte di centinaia di migliaia di utenti in tutto il mondo. Aprendo una chat in ChatGPT e completando una conversazione composta dalle 20 e le 50 interazioni, domande e risposte comprese, il chatbot avrà bevuto 500ml d’acqua dolce.
Spegnere la sete di ChatGPT è possibile?
Mezzo litro d’acqua per ogni conversazione, un numero destinato ad aumentare in vista del lancio dei modelli di prossima generazione, ancora più energivori, e a moltiplicarsi per un bacino di utenti in continua crescita. Alla luce di questi dati, ricercatori hanno esortato OpenAI ad assumersi la responsabilità sociale e dare l’esempio, mettendo in campo soluzioni per limitare l’impronta idrica.
L’appello a rivedere le pratiche dispendiose assume ancora più pregnanza ed urgenza se si analizza lo stato dei sistemi idrici a livello globale. Secondo un rapporto dell’Onu, nel 2030 la domanda di acqua dolce supererà la sua disponibilità effettiva del 40%, trascinando tutti in una gravissima crisi idrica mondiale.
Tra le raccomandazioni suscitate dal rapporto, quella di introdurre l’obbligo per le aziende di rendicontare la loro impronta idrica e migliorare gli investimenti industriali di settore. Riuscirà OpenAI a placare la sete di ChatGPT? Per il momento non ha ancora risposto né commentato lo studio.